In una full immersion intensissima, dal 26 a venerdì primo marzo, l’Università Suor Orsola Benincasa ha aperto le porte ai giovani studenti delle scuole secondarie superiori per vivere una settimana da matricola universitaria.
Docenti, tutor, tecnici hanno accolto per cinque giorni ragazzi provenienti dai licei e dagli istituti di Napoli e della periferia napoletana.
Un’esperienza diretta nella vita di un Ateneo che ha il pregio, per conformazione geografica e impostazione strutturale, di dare la sensazione di crescere in un vero e proprio college universitario.
Cos’è che colpisce uno studente e quali sono i motivi per cui dovrebbe scegliere di iniziare la propria vita da matricola in una delle più belle cittadelle universitarie d’Italia?
L’abbiamo chiesto alla professoressa Paola Villani, che dal 2019 dirige il Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università Suor Orsola Benincasa, facendone riemergere con passione lo spirito di coesione e di collaborazione scientifica e dando anche alla sfera didattica una veste nuova e in linea con le nuove prospettive formative e intellettive.
“Il primo obiettivo non deve essere legato solo ai successi professionali. Dinanzi al grande disagio che si respira tra le nuove generazioni, mi viene da dire e di consigliare ai ragazzi di provare a studiare ma anche a essere felici. Aiutare anche a coltivare i propri interessi personali e soprattutto alimentare il proprio benessere. È un impegno che l’Università si assume, per garantire agli studenti anche un ambiente di lavoro e di studio sereno e piacevole”.
“Non si tratta – aggiunge – di agevolare la carriera universitaria, ma di andare incontro agli studenti anche con l’ascolto, con un rapporto di empatia e sostegno che dia loro serenità nella vita universitaria di tutti i giorni”.
Vivere una settimana da matricola vuol dire anche provare a entrare in un sistema didattico che, sia per la metodologia di studio, sia per come ci si muove all’interno del meccanismo universitario, è molto diverso dai ritmi che appartengono al calendario scolastico.
“Il secondo punto di forza del nostro Ateneo – spiega – è l’organizzazione. È facile perdersi in un grande Ateneo, non riuscire a programmare una propria agenda settimanale, organizzare un semestre tra lezioni ed esami. Avere un tutor, capire come e quando pianificare studio ed esami è fondamentale”.
L’ateneo Suor Orsola Benincasa può dirsi pioniere per quanto concerne anche l’attivazione di un corso di laurea in Conservazione dei Beni culturali, già quando negli anni Novanta ci si avviava verso un percorso di formazione che metteva in primo piano lo studio del territorio in correlazione con il patrimonio storico artistico italiano. Era uyn tempo in cui si parlava troppo poco di tutela e valorizzazione delle opere d’arte e delle città stesse in quanto patrimonio culturale.
“Già attivare il corso negli anni Novanta è stato un grande lancio – spiega la professoressa Villani –; abbiamo previsto un approccio allo studio dei Beni culturali quando non c’era ancora neppure un codice per i Beni culturali. Si tratta di studi, ricerche e formazione che oggi ci vedono leader sia nel settore delle Scienze umane sia in quello delle nuove tecnologie per i Beni culturali”.
Un investimento a lungo termine su cui il direttore del Dipartimento ha puntato sin dall’inizio del suo mandato: “Ciò su cui ho cercato di lavorare è fare in modo, sin dal principio, che i risultati del nostro Centro di ricerca Scienza nuova fossero trasferiti all’interno del Dipartimento, quindi portare questi progetti nel contesto didattico, cosi che lo studente potesse partecipare alle nuove frontiere di ricerca. L’abbiamo fatto tramite l’attivazione di un laboratorio con l’utilizzo delle nuove tecnologie e attrezzature di aule con software che potessero essere utilizzate anche per la didattica”.
Scienze umane e nuove tecnologie viaggiano ormai di pari passo. È impossibile pensare che la ricerca scientifica nel campo umanistico possa fare a meno del digitale e viceversa. Le nuove frontiere della formazione guardano a questo connubio spesso trascurato, anche nell’ambiente pedagogico e scolastico vero e proprio.
“Certamente – asserisce -; da qui l’attivazione di una magistrale che potesse integrarsi alle nuove tecnologie. L’idea è stata quella di puntare su una magistrale specifica che sia per Storia dell’arte, sia per Archeologia ragionasse su una rivoluzione che sta ancora coinvolgendo i Beni culturali attraverso le Digital Humanities.
Per cui ai due indirizzi abbiamo aggiunto un terzo percorso che si avvale delle discipline digitali ed è quello delle Materie letterarie, con l’intento di dare agli studenti e anche a chi ha fatto un concorso nei Beni culturali la possibilità di accedere all’insegnamento con una formazione all’avanguardia sotto il profilo tecnologico”.
Interdisciplinarità e transmedialità: corriamo sempre il rischio di fraintendere il rapporto tra le discipline scientifiche, le nuove tecnologie e i nuovi media. “In realtà – spiega ancora – ciò che è cambiato con il digitale non è tanto in riferimento ai contenuti, quanto al metodo. Non si tratta di utilizzare un tablet in aula o un pc di ultima tecnologia.
Il cambiamento sta nell’evoluzione del linguaggio che non è più quello analogico, ma è quello digitale. Pensiamo ad esempio all’allestimento di una mostra, a quanto sia cambiata la museologia. Si tratta di riconsiderare la funzione e la fruizione dei Beni culturali. Parlano di trans medialità ma soprattutto di transdisciplinarità”.
La realtà è che la progettazione didattica e scientifica deve servirsi dell’apporto degli umanisti. Anche per la progettazione di un’applicazione scolastica, ad esempio, non ci si può affidare esclusivamente a un linguaggio tecnico che manca di un fondamentale approccio pedagogico.
“Sul fronte della formazione si tratta di far intersecare tra loro molte discipline. Parliamo ad esempio dell’intelligenza artificale. Non possiamo assumere né un atteggiamento apocalittico né integrale. Dobbiamo cavalcare questo momento che cambierà totalmente il mondo del lavoro e le professioni”.
Come si avvicina un Ateneo come il Suor Orsola a questo tipo di innovazione tecnologica? “Ciò che possiamo cominciare a fare per il Dipartimento di Scienze umanistiche è avvicinarci a piccoli passi a questo tipo di tecnologia. Ad esempio nel secondo semestre si terrà un seminario a riguardo e stiamo lavorando per una digitalizzazione del sistema bibliotecario che possa fornire all’utenza una ricerca bibliografica non più semplificata, ma correlata e ragionata dal punto di vista scientifico. Mi auguro che da qui a poco potremo procedere oltre”.
da.card.