Il rito intramontabile della leggenda Pink Floyd

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redazione

C’erano una volta i Pink Floyd… Potremmo intitolare così il ritorno dei Nick Mason’s Saucerful of Secrets, il gruppo formato 6 anni fa dal batterista del leggendario quartetto britannico. Dopo il concerto dello scorso anno nel Teatro Grande degli Scavi di Pompei intitolato The Echoes Tour, il rito della memoria si ripete martedì 24 luglio (ore 21) nel Belvedere di San Leucio con Set The Controls Tour.

Il progetto è restato quello che Mason aveva immaginato nel 2018: portare il materiale pre “Dark Side of the Moon” a un pubblico più vasto senza né scimmiottare i suoi ex compagni di viaggio Roger Waters e David Gilmour, né finire nelle pastoie e nei luoghi comuni delle varie cover band.

I suoi compagni di viaggio sono il chitarrista Lee Harris, il bassista Guy Pratt, il chitarrista e cantante Gary Kemp (già negli Spandau Ballett) e il tastierista Dom Beken; la formazione ha inciso un album dal vivo (“Live at the Roundhouse”) e ha l’ambizione di replicare al meglio i tempi leggendari di Syd Barrett, fondatore e motore primo del gruppo fino al 1968.

Siamo, inutile nasconderlo, in piena area nostalgia. I Nick Mason’s Saucerful of Secrets non promettono sorprese, né lampi di genio. E’ esattamente quello che i fan dei Pink Floyd si attendono da uno spettacolo del genere: la riproposizione più o meno calligrafica di un canzoniere minore, che poi risulta tale solo per non aver raggiunto i vertici delle classifiche.

Lo spettacolo comincia da Astronomy Domine, dall’album di debutto “The Gates at the Piper of Dawn” e si conclude 19 canzoni dopo. Poche incertezze sul set: l’unica sembra il bis finale che in alcune date è stato “A Saucerful of Secrets”, in altre I’m a King Bee, un blues composto da Slim Harpo nel 1957 e registrato dal gruppo nel dicembre del 1965 (è contenuto nel cd “The Early Recordings 1965-1972”). Sarebbe la novità di una scaletta senza colpi di scena, insieme con Remember me, altro brano del 1965 che permetterà ai fan di riascoltare la voce di Barrett, registrata su nastro.

Senza svelare la scaletta esatta del concerto possiamo rivelarne però brani e album di origine: la succitata Astronomy Domine, See Emily Play, The Scarecrow e Lucifer Sam da The Piper at the Gates of Dawn; il singolo Arnold Layne; Remember A Day, Set The Controls for The Heart of the Sun e A Saucerful of Secrets, da A Saucerful of Secrets; The Nile Song dalla colonna sonora del film More; If e Atom Heart Mother da Atom Heart Mother; Fearless, Echoes e One Of These Days da Meddle; infine Obscured by Clouds, When You’re In e Childhood’s End da Obscured by Clouds.

Un canzoniere d’eccellenza che ha l’arduo compito di confrontarsi con le versioni originali: non può non destare qualche imbarazzo, per esempio, la versione di If, comparata a quella interpretata da Waters. E sicuramente i fan più accaniti, una platea composta in gran parte da cinquantenni, storcerà il naso per qualche altra rilettura. Ma in gran parte il progetto si tiene in piedi e raggiunge l’obiettivo: come una sonata di Beethoven, una Fuga di Bach o un Notturno di Chopin appassionano milioni di amanti della musica classica ancora oggi, allo stesso modo i Pink Floyd sono materia viva, da tramandare. A differenza delle note colte, permettono a un esercito di adulti di ritornare adolescenti, di andare indietro nel tempo, a quella che il critico britannico Simon Reynolds chiama “Retromania”.

Alfredo d’Agnese

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