Che il capitalismo abbia preso d’assalto la società contemporanea in ogni suo ambito è, ormai, un dato di fatto: per quanto si possa correre il rischio di crederlo un discorso superato, i sintomi di una malattia ancora in corso sono molteplici.
E’ proprio questo il tema centrale della nuova puntata di Nero su bianco, prendendo come spunto la presentazione del volume La nuova scuola capitalista: scritto nel 2011 da un team di ricerca francese costituito da Christian Laval (nella foto in pagina), Francis Vergne, Pierre Clement e Guy Dreux, il testo è stato recentemente tradotto in italiano dai professori Davide Borrelli e Rossella Latempa e pubblicato dalla casa editrice dell’Università Suor Orsola Benincasa.
L’opera evidenzia come il sistema capitalistico abbia violentemente imposto la mano sulla scuola e sull’università, tanto in Francia quanto in Italia, attraverso una serie di piccole riforme all’apparenza innocue: il risultato, oggi, è che le istituzioni della conoscenza hanno come obiettivo non più quello di trasmettere saperi validi in quanto tali, ma di formare imprenditori di sé stessi, nel tentativo di imitare le imprese private.
Ne abbiamo parlato con Christian Laval, intervenuto ai microfoni di Run Radio nell’ambito della presentazione della versione italiana de La nuova scuola capitalista, tenutasi nella Sala degli angeli del Suor Orsola. Il sociologo ci ha spiegato l’importanza di leggere l’opera nel 2025, a distanza di quasi 15 anni dalla prima pubblicazione: le riflessioni del 2011 sono quanto mai attuali alla luce delle conseguenze di quel processo di capitalizzazione scolastica che, all’epoca, non aveva dato ancora i suoi frutti.
Se il volume di Laval descrive un fenomeno della parabola capitalista nel pieno del suo corso, i libri che gli sono stati affiancati ne mostrano invece il principio e un possibile epilogo: parliamo de Il Capitale di Karl Marx e di Crack capitalism di John Holloway.
E’ probabilmente impossibile parlare del capitalismo senza citare l’opera di Marx, la più celebre che sia stata scritta sul tema: pubblicato in più volumi – il primo nel 1867 dall’autore, il secondo e il terzo negli anni successivi da Engels – Il Capitale descrive il sistema non come un modello economico, bensì come un’epoca storica e un modo di produzione, così da delinearne origini, sviluppi e – secondo Marx – l’inevitabile declino.
La prospettiva del collasso della società come la conosciamo potrebbe apparire quanto meno sconfortante, ma in realtà è esattamente quello che alcuni sociologi si auspicano. E’ il caso di John Holloway, giurista, sociologo e filosofo irlandese di stampo marxista: nel suo libro Crack capitalism (pubblicato nel 2010) sostiene proprio che le forme di vita, di relazione, di conflitto, di lavoro che si sottraggono alla logica del capitale non cessano di proliferare, anzi, ne acquisiscono in libertà e dignità; sottrarsi alle dinamiche di potere, allontanarsi il più possibile dalla forma dello Stato, verosimilmente, è il primo passo per vincere la lotta invisbile al capitalismo.
Per non perdere il podcast con l’intervista al sociologo francese Christian Laval, ascolta Run Radio!
Francesca Mainardi