La bellezza affascinante del Cavaliere Povero

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Cosa resta a chi ha potuto solo assistere al passaggio della morte? E cosa può fare il teatro, oggi, per affrontare queste domande?
A queste riflessioni prova a rispondere Valerio Pietrovita con Il Cavaliere Povero, un’opera intensa e sorprendente, liberamente tratta da L’idiota di Fëdor Dostoevskij, andata in scena al Teatro Tedér nell’ambito della rassegna Osservatorio del Campania Teatro Festival.

Osservatorio è una sezione del Festival pensata per dare spazio e visibilità agli artisti emergenti, alle giovani compagnie e a quelle realtà non più giovanissime che incontrano difficoltà nell’avviare i propri processi produttivi. Un’iniziativa che offre un’occasione concreta per mettere alla prova idee e linguaggi nuovi: un palinsesto ricco, con oltre 30 spettacoli, la maggior parte dei quali ospitati proprio al Teatro Tedér, che per tutta la durata della rassegna diventa un laboratorio vivo di innovazione teatrale.

La sera del 18 giugno, solo con il proprio corpo e la propria voce sul palco, Pietrovita ha dato prova di straordinaria poliedricità: ha interpretato tutti i personaggi dell’opera dostoevskijana, passando con naturalezza da un registro all’altro, alternando toni e intensità, disegnando caratteri e atmosfere diverse con una padronanza scenica rara. La sua voce, il suo volto, il suo corpo si sono fatti strumento duttile capace di evocare il principe Myskin e i tanti volti che popolano l’universo del romanzo, rendendo ogni passaggio un nuovo cambio di ritmo, energia, colore.

Al centro del racconto c’è Myskin: l’idiota, l’uomo buono per eccellenza, un Cristo laico gettato in un mondo oscuro e corrotto, un mondo non così distante dal nostro. Pietrovita ne restituisce l’anima fragile e disarmata, quel candore che, nel confronto con la violenza, la corruzione e la morte, non può che soccombere. La sua bellezza interiore – quella che, secondo la celebre frase dostoevskijana, “salverà il mondo” – si rivela troppo fragile per salvarlo davvero.

Ma Il Cavaliere Povero non è solo una riscrittura del classico: è un’opera che parla al presente. Lo spettacolo traccia un filo sottile ma potente tra la figura di Myskin e quella dell’attore contemporaneo, dell’artista che, con coraggio e forse con un pizzico di follia, continua a difendere un’idea di bellezza, di arte e di umanità in un mondo che spesso non sembra più in grado di riconoscerne il valore. Myskin diventa l’emblema di chi continua a fare teatro, di chi sale sul palco sfidando il disinteresse generale e la precarietà della propria condizione lavorativa.

Lo stesso Valerio Pietrovita, ai microfoni di Run Radio, ha raccontato che l’idea dello spettacolo è nata durante la stesura della sua tesi di laurea. In quell’occasione, analizzando i dati Inps sulla condizione economica degli attori in Italia, si è imbattuto in cifre allarmanti, che testimoniavano la drammaticità della situazione di chi sceglie questa carriera. Nello stesso periodo stava rileggendo L’idiota, e la figura di Myskin, quell’uomo buono, fuori contesto, che ancora cerca la bellezza che salverà il mondo, gli è apparsa come un simbolo di tutti gli artisti che oggi decidono di fare arte, nonostante tutto.

Il ritmo della drammaturgia – incalzante, serrato, senza cedimenti – ha saputo catturare il pubblico dall’inizio alla fine. Un flusso continuo che ha alternato riflessione, ironia e pathos, come nel romanzo, dove il tragico e il comico si intrecciano in un equilibrio affascinante e precario. Lo spettacolo ha conquistato la platea: il Teatro Tedér era sold out, e al termine Pietrovita è stato accolto da oltre cinque minuti di applausi calorosi, a conferma della forza della sua proposta.

Con Il Cavaliere Povero, Valerio Pietrovita ci ricorda che la bellezza, per quanto fragile, e il coraggio dell’“idiota” che ancora crede nella possibilità di salvarci, restano oggi più che mai necessari. Sul palco. E nella vita.

Francesca Mainardi

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