Un viaggio nella musica Pop alla ricerca della “canzone perfetta”
Pop Life è il podcast di RunRadio sull’evoluzione della musica pop. I professori Eugenio Capozzi e Stefano Causa raccontano l’immaginario pop del secondo Novecento, viaggiando attraverso la storia della canzone italiana e internazionale.
In ogni episodio, ai microfoni di Run Radio, ritroviamo a confronto due canzoni come punto di partenza per un dialogo sulla storia della musica, della cultura e della società degli ultimi 70 anni.
Partendo dalla canzone come prodotto pregiato e manufatto, Eugenio Capozzi e Stefano Causa dedicano ogni incontro alle ‘canzoni del decennio’, con brani proposti e ascoltati in tempo reale, senza etichette e codici ragionati, aiutandoci a entrare nel contesto musicale e storico, guardando ai testi, alle strofe, ai bridge, ai ritornelli che hanno fatto la storia della musica e della cultura dell’Occidente.
Un viaggio alla ricerca della “canzone perfetta” mettendo a confronto artisti di epoche diverse.
Pop Life 1
Eugenio Capozzi propone God only knows (1966) dall’album Pet sounds dei Beach Boys. Definita da Paul McCartney e Brian Wilson la canzone perfetta, il brano è sperimentazione ai massimi livelli: la forma canzone viene distrutta e contaminata da un’infinità di schegge.
Stefano Causa, dal canto suo, suggerisce Solo di Claudio Baglioni, del 1977: un brano molto singolare, d’ispirazione quasi operistica. La canzone presenta, infatti, una forma particolare, il ritornello viene differito fin quasi allo spasimo, al punto che sembra non arrivare mai: un espediente molto usato nell’Opera.
Pop Life 2 – Gli anni ’60 in Italia
Stefano Causa propone Sapore di sale di Gino Paoli, del 1963. Il vestito della canzone è cucito da Ennio Morricone, con un arrangiamento di archi a cui – nella seconda parte – si unisce il sassofono: l’aggiunta eleva la canzone a un piano che va oltre quello del tormentone da spiaggia; una melodia semplicissima, con un giro armonico elementare, ma con un’orchestrazione estremamente raffinata.
Eugenio Capozzi risponde, invece, con 29 settembre (1967) composta da Battisti e Mogol, ma portata inizialmente al successo dal gruppo Equipe 84. La vera particolarità del brano consiste nella sua “apertura metalinguistica”, per la quale al suo interno si ascoltano anche messaggi radio e voci esterne. Dettagli, questi, aggiunti solo in un secondo momento: la prima versione aveva un arrangiamento molto più spartano, cosiddetto naked, con la sola chitarra suonata da Battisti.
Pop Life 3 – Gli anni ’60 della musica anglosassone
Eugenio Capozzi lancia I say a little prayer – scritta dai compositori Burt Bacharach e Hal David – mettendone a confronto la versione di Dianne Warwick e quella di Aretha Franklin: un arrangiamento orchestrale e un repentino cambio di tempo nel ritornello per raccontare di un amore lontano.
Il professore Causa propone, invece, Gimme shelter (1969) dei Rolling Stones. Con il suo intro inconfondibile, il brano si configura come un capolavoro del rock. “È un pezzo d’amore, un pezzo per riflettere, che parla di violenza, di insicurezza, di paura: una fotografia molto ruvida dell’America di fine anni ’60”.
Pop Life 4 – I primi anni ’70, il cantautorato anglosassone
Stefano Causa introduce Rocket Man (1972) di Elton John e del suo “poeta di fiducia”: Bernie Taupin. L’epoca è quella dei primi viaggi nello spazio che la musica già aveva iniziato a celebrare – basti pensare a Space Oddity di David Bowie. I due professori ci raccontano così Rocket Man mettendo a confronto la prima versione del brano, con un arrangiamento “nudo” e molto scarno, con l’ultima, quella che l’ha reso celebre.
Eugenio Capozzi propone, poi, Heroes di David Bowie: una riflessione sconsolata su un amore impossibile. Tuttavia il brano va poi ben oltre il lamento sentimentale, diventando un inno sulla condizione esistenziale, sul fatto che le forze della storia ci schiacciano e possiamo essere eroi, ma solo per un giorno. L’elemento fondamentale che crea drammaticità è la voce gridata di David Bowie.
Pop Life 5 – Fine anni ’70, la musica disco
Eugenio Capozzi ci parla di I want your love (1978) degli Chic, il gruppo figlio dell’incontro tra il chitarrista Nile Rodgers e il bassista Bernard Edwards. La collaborazione tra i due musicisti diede vita a una vera estetica: “Una musica da ballo, ma raffinata; una musica black, ma colta”.
Stefano Causa risponde con Don’t stop ‘til you get enough di Michael Jackson, del 1979, brano reso indimenticabile anche dall’arrangiamento di Quincy Jones: all’originario andamento ritmato e ripetitivo il produttore ebbe la geniale intuizione di aggiungere un’orchestra d’archi.
Pop Life 6 – Gli anni ’70 in Italia
Come simbolo del difficile contesto storico dell’Italia degli anni ’70, culla del cantautorato politicamente impegnato, i professori Causa e Capozzi propongono Francesco De Gregori. Con l’album Rimmel (1975) – e con la sua title track – l’artista rivoluziona il genere della canzone sentimentale, prendendo le distanze anche dal genere cantautorale dell’epoca.
A fare da contraltare, Stefano Causa presenta Madame di Renato Zero (1976), brano dalla “potenza squassante”, che descrive un personaggio ambiguo ed eccentrico, quasi un “mostro”, d’ispirazione hippy e glam, come fu David Bowie e, naturalmente, lo stesso Zero.
Pop Life 7 – I primi anni ’80 in Italia
Eugenio Capozzi ci parla di Paolo Conte, personaggio singolare e atipico del mondo del cantautorato italiano, e del suo brano Gli impermeabili, del 1984. La canzone è il terzo episodio della cosiddetta Saga del Mocambo: una serie di brani incentrati sull’immaginario Bar Mocambo e sul “poveraccio di provincia” che è il proprietario.
Stefano Causa sceglie di puntare – per sua stessa ammissione – al cattivo gusto, proponendo Caruso (1986) di Lucio Dalla. Per i due storici, infatti, il brano rappresenta uno “scivolone nel kitsch” e nei luoghi comuni, che tuttavia lo consacra definitivamente al grande pubblico.
Pop Life 8 – Gli anni ‘80
Eugenio Capozzi propone i Duran Duran, con Save a prayer (1982), un brano sentimentale, quasi scabroso per l’epoca, su un incontro occasionale di una notte: la canzone cavalca la già celebrata euforia per la liberalizzazione sessuale, ma si tinge della malinconia di una sottintesa solitudine.
Francesca Mainardi