Al Suor Orsola resilienza fa rima con ricerca

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redazione

Quante volte abbiamo sentito parlare negli ultimi tempi di ‘resilienza’? Dalla tragica epopea della pandemia tantissimo, diremmo anzi che il termine è stato usato e rivoltato come un calzino in tutte le sue funzionalità.

Del termine resilienza le enciclopedie danno una definizione di matrice scientifica, psicologica (la più gettonata) ed ecologica. Interessante il significato di resilienza in ambito tecnico in cui si fa rifermento al movimento del pendolo la cui energia potenziale posseduta all’inizio della sua corsa muove un ingegno meccanico per riutilizzare la propria energia e per risalire, per tornare indietro e riprendere la corsa in risalita.

È un po’ il cuore di un percorso di recupero e di un lavoro che spesso facciamo su noi stessi dinanzi alle difficoltà della vita che ci mettono a terra per poi riemergere lentamente, ed è allo stesso tempo il fulcro del progetto che lo staff di ricerca (nella foto qui in pagina con il prof. Fabrizio Sirignano al centro) in ambito pedagogico dell’Università Suor Orsola Benincasa ha messo in atto.

L’occasione per riflettere sull’interessante ricerca, diretta dal rettore Lucio d’Alessandro e dal professor Fabrizio Sirignano, è stata la visita dei colleghi dell’Università di Granada nel nostro Ateneo per l’evento ‘Università svelate’.

Abbiamo chiesto al professor Sirignano, docente di Pedagogia generale e Filosofia dell’educazione, quale sia il motore del progetto rispetto al tema della resilienza:

“L’idea del progetto Resuperes è maturata durante il terribile periodo della pandemia e soprattutto da uno scambio tra l’equipe pedagogica dell’Università Suor Orsola Benincasa e i colleghi dell’Università di Granada, della Norvegia, del Portogallo e dell’Università di Belgrado. Un confronto sui dati drammatici del disagio giovanile in particolare in ambito scolastico, nelle scuole secondarie di II grado e in ambito universitario”.

Il vissuto della pandemia ha creato nei giovani una dimensione distorta della realtà, come commenta Sirignano: “Si è trattato di un periodo difficile che in taluni casi ha portato alcuni giovani alla scelta drammatica e senza ritorno del suicidio e poi ancora a far emergere notevolmente l’elemento tossico della invulnerabilità che i social rimandano oggi ai giovani, facendoli sentire sempre di più inadeguati rispetto alle performance richieste.

Ecco, su questi temi il contesto dei ricercatori dei paesi europei dell’area pedagogica si è trovato a riflettere sull’opportunità e la necessità di mettere in piedi un modello teorico, ma al tempo stesso operativo, di resilienza e da qui l’acronimo Resuperes”.

Capofila del progetto è l’Università di Granada e l’Università Suor Orsola Benincasa ha un’importante funzione di raccordo tra le varie strutture scolastiche. Resilienza come capacità di far fronte alle avversità della vita, in particolare alle avversità in ambito scolastico. È un lavoro che necessita di una grande sinergia tra le parti.

Guardando all’aspetto formativo rispetto alle pratiche educative quali sono gli strumenti che contribuiscono ad agire e a reagire rispetto al cambiamento? “Nel concreto – risponde – ci siamo innanzitutto posti non nell’ottica che si limita semplicemente a guardare e a spiegare i fenomeni, ma nell’ottica della complessità per cui, come ci ha insegnato la grande maestra della pedagogia italiana Elisa Frauenfelder, bisogna assumere un atteggiamento di comprensione, andare a fondo rispetto ai problemi e quindi comprendere.

La comprensione si mette in atto attraverso quelle strategie che cercano di capire la complessità dei fenomeni. Quindi stiamo lavorando molto sul tema della relazione d’aiuto ad esempio, sia in ambito scolastico ed extrascolastico, sia in ambito universitario”.

Quali sono le strategie di intervento?

“Utilizziamo come strumento privilegiato le metodologie autobiografiche e narrative che fanno riferimento a scuole di pensiero internazionali, lavorando molto sulla capacità del singolo, stimolando il soggetto a lavorare su se stesso, a far emergere le proprie speranze e le proprie aspettative, a riflettere sui nodi problematici della propria esistenza, così da scrivere la propria storia di vita.

Quindi, come ci insegnano Duccio Demetrio e Franco Camb,i scrivere la propria storia di vita rappresenta un lavoro autobiografico e un percorso di recupero”.

La creazione di una rete internazionale che lavori in comune sul tema della resilienza in ambito scolastico è un aspetto sui generis. Abbiamo sentito a riguardo anche Federica Paolozzi, membro e coordinatore scientifico del progetto: “L’aspetto più complesso e forse più stimolante del progetto è costituito proprio dalle differenze delle discipline afferenti alle Università straniere, come le scienze dello sport per Granada e Belgrado, la comunicazione per l’Università del Portogallo e le scienze applicate per l’Università della Norvegia. Abbiamo così lavorato sul tema della resilienza delineando rispettivamente dei percorsi specifici”.

La componente relativa ai nuovi media (tiktok, app, social network) quanto è importante nello svolgimento del progetto? “I nuovi media sono un aspetto sicuramente fondamentale della ricerca – conclude –  dal momento che tra i risultati finali oltre alla scrittura di un manuale e alla progettazione di un corso specifico ci sono la realizzazione di una piattaforma interattiva e di un’app da poter utilizzare sul tema della resilienza anche in diversi contesti”.

da.card.

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