Mercoledì 17 aprile l’Università Suor Orsola Benincasa discuterà dalle ore 10 nella Biblioteca Pagliara sui temi del pensiero antitotalitario in Italia dal regime fascista al secondo dopoguerra, con un convegno in Biblioteca Pagliara in due sessioni. Interverranno: il rettore Lucio d’Alessandro, Paola Villani, Maurizio Degl’Innocenti, Renata Viti Cavaliere, Dino Cofrancesco, Cesare Panizza, Carlo Lottieri, Alberto Aghemo, Rossella Pace, Maurizio Griffo, Eugenio Capozzi, Corrado Ocone.
L’incontro porterà indietro l’orologio della Storia agli anni dell’opposizione al regime mussoliniano e a quelli tragici vissuti durante e dopo il secondo conflitto mondiale
Gli interventi sociali, culturali e politici contro i regimi dittatoriali del primo Novecento come comunismo, nazismo e fascismo, sono stati fondamentali per aver impiantato le fondamenta di una cultura fondata sulla difesa della libertà e dei diritti del cittadino.
Nicola Matteucci, Norberto Bobbio o Mario Vinciguerra hanno combattuto per la difesa del pensiero liberale, raccogliendo l’eredità del liberalismo crociano o potremmo dire, citando Hannah Arendt, per la ‘libertà di essere liberi’. Si sono spesi nella formazione culturale, nella deliberata opposizione al regime fascista e per tenere viva la libera informazione di stampa contro le trappole del compromesso politico
È difficile pensare che oggi la libertà come ragione d’essere della politica e soprattutto della vita, sia ancora sotto minaccia. Ragionare sui regimi totalitari in Europa soprattutto, sembra ora un fatto puramente anacronistico, eppure, alla luce degli eventi bellici attuali, nel mondo qualcuno mette in gioco l’idea di un ‘risveglio’ del cancro totalitario. Ce ne parla Eugenio Capozzi (nella foto in pagina), professore di Storia contemporanea nell’Università Suor Orsola Benincasa, critico storico e grande conoscitore della storia del pensiero politico e della società contemporanea.
“Il totalitarismo, dal punto di vista delle ideologie e dei regimi politici, è un fenomeno storicamente molto specifico, collocabile nel XX secolo – spiega – ma le ‘tossine’ ideologiche che ha lasciato in circolo nella cultura euro-occidentale persistono, e tendono a tornare alla luce nelle ideologie che dominano le élite occidentali attuali, accomunate dal relativismo, dal soggettivismo estremo, dalla dittatura della ‘narrazione’”.
Il dissentire dall’opinione generale o lo schierarsi su un fronte non condiviso come può essere contestualizzato nella società attuale?
“La censura e la demonizzazione delle opinioni dissenzienti tipica del ‘politically correct’, della ‘woke culture’ e della ‘cancel culture’, così come l’ideologia ‘green’ e il tecno-scientismo trans-umanista – aggiunge – tendono per natura a radicalizzarsi in atteggiamenti totalitari, perché ogni ideologia è una religione secolarizzata, ritiene di sapere dove il mondo dovrebbe andare, e quindi considera chi la pensa diversamente dalla sua narrazione come un ostacolo “non autorizzato” da eliminare”.
Nicola Matteucci di cui si parlerà al convegno, è stato uno dei più grandi esponenti del pensiero politico liberale ed era anche un ascoltatore del pensiero e delle opinioni ‘differenti’. Parlare oggi di libertà di pensiero e di espressione sembra quasi un eufemismo.
Quali sono le radici che ci legano ancora ai principi liberali?
“La deriva della cultura occidentale verso il relativismo estremo, la frammentazione delle identità, la logica tribale di gruppi contrapposti ha minato le basi della libertà di pensiero e del pluralismo, che risiedono nell’umanesimo di radice greco-romana ed ebraico-cristiana. Gli stessi diritti soggettivi perdono di significato se non sono più ancorati a questo fondamento comune. Ne deriva una tendenza alla delegittimazione dell’avversario senza rimedio, perché non esiste più un minimo comune denominatore nella concezione dell’essere umano: quel minimo comun denominatore su cui in passato sono cresciuti il giusnaturalismo e il costituzionalismo”.
Pensa che il filone totalitario in Italia si sia completamente estinto? “Non credo. È confluito piuttosto nell’ideologia delle élite occidentali: anti-occidentale, decostruzionista, nichilista, antiumanistica, anticristiana, e che si risolve nella furia distruttiva della ‘cancel culture’. Un’ideologia di ricchi viziati che non credono in niente, e quindi credono a qualsiasi parola d’ordine, purché espressa in una retorica vittimistica fondata sul ricatto morale, e odiano le proprie radici”.
Da.Card.