Si parla sempre troppo poco delle professioni femminili del futuro e dell’inserimento delle figure femminili in contesti professionali mai prima d’ora previsti. Questo discorso è ancora più calzante in un momento così delicato, in cui il focus sulla formazione culturale e professionale delle donne, ora come ora, sembra traslato su differenze di genere, violenze e condizionamenti che ci trasferiscono in un tempo legato ancora a un passato ancestrale e medievale, diremmo controcorrente.
La ‘Embry Riddle’ in Florida è la prima Università al mondo che si occupa di formazione in ambito aeronautico e aerospaziali ed è l’Università di provenienza di Marie Lathers che il Suor Orsola Benincasa ha ospitato con un insegnamento su ‘Women and Outer Space in Popular Films” che ha proposto agli studenti del Dipartimento di Scienze umanistiche una profonda riflessione sulla storia delle donne ma non solo, sulla rappresentazione e sulla collocazione delle donne nell’universo contemporaneo con uno sguardo rivolto alle esperienze storiche.
Il cinema, da sempre, è forse il mezzo più eloquente per documentare e comprendere fattori sociali e culturali che hanno condizionato non solo il ruolo femminile nella società stessa, ma in questo caso soprattutto il complesso legame tra donna e scienza, donna e formazione scientifica, spesso relegato al mondo maschile o del tutto ignorato.
Nella giornata internazionale delle donne, venerdì 8 marzo, il Suor Orsola ha promosso l’iniziativa con la presenza della professoressa Marie Lathers, che è autrice anche di ‘Space Oddities: Women and Outer Space in Popular Film and Culture, 1960-2000 (Bloomsbury)’.
Il corso di Marie Lathers, organizzato grazie a una candidatura Fulbiright, permetterà di guardare al passato delle donne con un’ottica diversa e soprattutto diremmo con uno sguardo rivolto al futuro, raccogliendo testimonianze e discrepanze sulla disparità di genere e pensando a una prospettiva in cui l’accesso all’istruzione, alla cultura
e alle professioni non sia più, per tutte le donne, governato da regimi di esclusione, di differenze o di esclusività. Ragionamenti che oggigiorno sembra assurdo dover ancora fare; lo spiega Emilia Di Martino, docente di Lingua e Letteratura inglese al Suor Orsola Benincasa e responsabile scientifico dell’evento: “I film non possono estirpare il male della disparità di genere, ma rappresentano di certo un contributo prezioso in tal senso.
La selezione filmica (che si concentra sulla rappresentazione della donna nello spazio, vista la peculiare expertise di Marie Lathers), solleciterà gli studenti a individuare e decostruire gli stereotipi attraverso i quali le donne sono state a lungo rappresentate, ma anche a sviluppare o rafforzare (dov’è il caso) la consapevolezza della strada già fatta e dunque a comunicare il necessario ottimismo rispetto al percorso ancora da farsi”.
Un connubio sensibile quanto particolare è quello tra il linguaggio e il tema della disparità di genere, dal momento che è proprio nel ‘parlato’, nel contesto linguistico e sul fronte della comunicazione che certe tematiche trovano il modo di rappresentarsi, di essere trasmesse e comprese.
“Embry-Riddle – spiega la professoressa Di Martino – è la prima università al mondo per la formazione in discipline aeronautiche e aerospaziali, Marie Lathers è autrice di Space Oddities: Women and Outer Space in Popular Film and Culture, un volume che si sposa molto bene con la filosofia di fondo dei corsi di linguistica inglese, che hanno un preciso focus sui rapporti fra identità e potere e si prefiggono di mostrare, prima di ogni altra cosa, che la lingua è il primo, più insidioso strumento attraverso il quale il divario sociale viene esercitato e riprodotto. La disparità di genere, assieme a quella di classe, etnia, età, disabilità ecc. è una delle declinazioni.
Su questo tema, più di una volta, nell’ultimo quinquennio, l’Ateneo ha avuto la fortuna di ospitare Luise von Flotow, autrice di pubblicazioni fondamentali per la traduzione femminista. La lingua è un potente strumento di cambiamento sociale: usiamolo per decostruire stereotipi e pregiudizi e per incidere positivamente sulla volontà politica dei governi. È questa la chiave per l’uguaglianza di genere”.
L’iniziativa tra l’altro si è svolta in uno degli Atenei italiani in cui la promozione della formazione e della cultura delle donne è iniziata con la martire Suor Orsola Benincasa.
“Abbiamo la fortuna di lavorare e studiare in un luogo particolare, dove le donne hanno svolto un ruolo determinante – continua -, Basti pensare alla visionaria Suor Orsola, a cui l’Ateneo è intitolato, ad Adelaide del Balzo Pignatelli, che trasformò un piccolo educandato in un Istituto con un complesso progetto educativo che poneva al centro l’educazione femminile intesa in modo moderno, a Maria Antonietta
Pagliara, che fu il primo ‘rettore donna’ di un istituto universitario italiano” dice, riflettendo sulla questione del divario culturale e sulla diversificazione dei ruoli professionali attribuiti alla cultura femminile, di cui si parla in continuazione ma che di fatto ancora riemergono ogni giorno.
“Guardiamo alla condizione delle tante, tantissime donne che stratificazioni multiple di disuguaglianza rendono profondamente vulnerabili. Queste stratificazioni producono nella maggior parte dei casi reti e dinamiche molto complesse anche per chi le studia con gli strumenti adeguati.
Sappiamo che, in alcune professioni, le donne guadagnano meno a parità di mansione e responsabilità, ma emerge sempre più la colour-blindness in cui cadono anche tante forme di attivismo e rivendicazione. Razza, classe sembrerebbero quasi sparite dal nostro vocabolario, ma continuano di fatto ad avere profonde ripercussioni politiche, economiche e, prima ancora, esistenziali come fenomeni strutturali.
Pensare di poter inquadrare la questione senza avere consapevolezza piena delle altre dimensioni di discriminazione, senza provare a risolvere in primo luogo la cecità rispetto a status socioeconomico, condizione di immigrazione, disabilità, età, rischia di rafforzare le disparità tra donne e dunque a far mancare alle donne quel prezioso sostegno che deve innanzitutto venire dall’interno: dalle donne per le altre donne, per tutte le donne”.
A distanza di secoli affermare che c’è bisogno di cambiamenti e tutela legislativa sembra un paradosso. “I cambiamenti legislativi sono innanzitutto il risultato dell’evoluzione sociale – conclude – .
Conoscere la storia delle donne, ma anche sapere che le donne avevano più potere e diritti in alcune società antiche, sollecita l’emergere di nuove coscienze e sviluppa la consapevolezza del proprio debito nei confronti di chi è venuto prima, che va ripagato con l’impegno a convogliare simili energie per garantire parità di accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e al lavoro dignitoso per tutte quante le donne”.
Women in Focus è stato introdotto dal Rettore dell’Ateneo Lucio d’Alessandro e dal Direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche Paola Villani. Hanno partecipato all’iniziativa il Console generale degli Stati Uniti a Napoli Tracy Roberts-Pounds, con il contributo dei docenti di Ateneo Ilaria Improta, Francesca Nicolais, Tehezeeb Moitra, per i workshop con gli studenti.
da.card.