Napoli ricorda Giorgio Gaber
Il tempo infinito del signor G

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Se vuoi ascoltare non solo per gioco il passo di mille pensieri/Chiedi chi era Gaber, chiedi chi era Giorgio Gaber”. Parafrasando una nota canzone degli Stadio dedicata ai Beatles, possiamo applicare la stessa domanda alla figura di Giorgio Gaberščik, un protagonista della scena musical-teatrale del Novecento che rischia il dimenticatoio, nell’era di Tik Tok e dei contest televisivi.

Venerdì 17 marzo alle ore 11, l’università Suor Orsola Benincasa lo ricorderà nella sala degli Angeli con un evento speciale in occasione del ventennale della sua scomparsa. Letture, performance e riflessioni sull’opera faranno da cornice a un gioco di memoria che è quanto mai legato al nostro presente.

Dopo i saluti del rettore Lucio d’Alessandro, interverranno il giovane attore Francesco Centorame, il presidente della Fondazione Giorgio Gaber Paolo Dal Bon, Lorenzo Luporini, addetto stampa e divulgatore presso la fondazione e Augusto Sainati per l’università Suor Orsola.

Gaber è una figura non semplice da raccontare. Ha vissuto l’aria di rinnovamento degli anni Cinquanta, quando a Milano hanno cominciato a diffondersi prima il jazz e poi il rock’n’roll; si è affacciato negli anni Sessanta al mondo in divenire della musica leggera italiana e della televisione. Napoli conserva di lui un ricordo del tutto particolare: in una stagione di partecipazioni a programmi tv e al festival di Sanremo, Gaber gareggia nel 1966 in coppia con Aurelio Fierro, alla quattordicesima edizione del Festival della canzone napoletana. Il brano si classifica al secondo posto, ma il consenso del pubblico lo trasforma in un cult della melodia popolare. 

Altri 4 anni di successi da hit parade, tournée con Mina, apparizioni da mattatore poi la svolta del teatro-canzone e la ricerca di nuovi canali espressivi. Il nuovo Gaber fa i conti con la cultura borghese del Belpaese, con un esistenzialismo intriso di malinconia e di lucido osservare. Gli anni Settanta vedono l’affermazione del Signor G e di una visione dello stare in palcoscenico assolutamente unica. I dischi in studio si fanno più radi. Abbondano invece le registrazioni dei suoi spettacoli dal vivo. E’ del 2001 il suo ultimo disco “La mia generazione” che finisce con il diventare lo slogan di una stagione. Nel mezzo anni di recital, stagioni che fanno parlare di sé, che spingono a pensare, a riflettere.

Di lui c’è tanto da ricordare, una figura trasversale, come direbbe Ivano Fossati poco allineata; eppure di Gaber e della sua lezione di uomo, di attore e di artista si parla troppo poco in una nazione che fa a pugni con il termine “memoria”, salvo alzare la bandiera dell’appartenenza durante le grandi feste popolare televisive. A noi piace ricordarlo nella versione di “Una fetta di limone” del 1983, stralunata – e divertita – parodia dei Blues Brothers sotto la sigla Ja-Ga Brothers ben 40 anni fa in coppia con Enzo Jannacci (https://www.youtube.com/watch?v=P_Bae290xy8). Una goccia d’acqua in un oceano.


Alfredo d’Agnese

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