Servillo ricorda Dalla tra canzone e memoria

C’era una volta una canzone che non faceva i conti con le classifiche, coniugava le urgenze di musica e poesia, aveva l’ambizione di raccontare l’attualità e la politica. È accaduto davvero nel nostro Paese, tra gli anni Sessanta e gran parte degli anni Settanta. In quella stagione Lucio Dalla e Roberto Roversi hanno scritto alcune delle pagine migliori del nostro canzoniere, oggi pressoché dimenticate. A riportare alla luce quel rapporto di amicizia e di collaborazione è Mario Tronco; il co-fondatore degli Avion Travel e dell’Orchestra di piazza Vittorio ha scritto “Nevica nella mia mano”, lo spettacolo che ha debuttato venerdì 9 giugno in prima nazionale nella Villa Floridiana di Napoli. Il recital ha anche inaugurato la sedicesima edizione del Campania Teatro Festival, un’operazione sofisticata e godibile.

A fare da grande cerimoniere del recital è Peppe Servillo, accompagnato dagli Anidride Solforosa. Ha un compito difficile e ingrato: non seguire calligraficamente le versioni originali e restare se stesso restituendoci un Dalla libero da nostalgie e da istinti da karaoke.

La sfida è in parte vinta, anche se spesso le due figure Servillo-Dalla si confondono tra di loro. L’operazione nel suo complesso funziona. Oggi è difficile assistere in Italia a un concerto che assommi qualità autoriale e sentimento popolare. Sono trascorsi 50 anni da quei giorni, ma “Anidride Solforosa”, “La canzone di Orlando”, “L’Auto targata To” e gli altri 13 brani che compongono lo spettacolo mantengono il fascino di una scrittura ‘altra’, così lontana dal pop per famiglie e adolescenti di oggi.

In questo viaggio nelle tensioni degli anni ’70, tra condizione operaia, emigrazione al Nord, solitudine nelle città – che si stavano trasformando in metropoli -, la grande assente sul palco è la drammaticità delle versioni originali, sostituita dall’eleganza con cui Servillo tende a colmare il gap con le interpretazioni di Dalla.

Molto interessante è l’arrangiamento strumentale reinventato da Tronco che utilizza il talento e l’esperienza di Peppe D’Argenzio ai fiati per arricchire l’offerta musicale sospesa tra atmosfere a-la-Penguin Café Orchestra e il più ispirato Paolo Conte; in evidenza i finali delle canzoni, con code stranamente lunghe per i nostri giorni (‘Una volta le canzoni si facevano così’, sembra quasi giustificarsi Servillo dal palco).

“Nevica sul palco” è uno spettacolo che può ancora crescere, insolitamente necessario, in un’epoca di mordi e fuggi, per non perdere la nostra memoria.

Alfredo d’Agnese

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